Sabato 15 marzo, nell'ambito del progetto POSEIDONE: Biodiversità e Territori in Scena, si è svolto presso la Sala Conferenze del VeGAL un incontro dedicato al tema del paesaggio e alla sua connessione con la biodiversità.
L'evento, inserito nel Festival Ambient’Azione in Porto, ha proposto una riflessione sul concetto di paesaggio, inteso non solo come scenario naturale, ma come risultato di un intreccio complesso tra percezioni, esperienze e memoria collettiva.
Un pubblico attento e coinvolto ha ascoltato il dialogo, moderato da Ivano Marcorin di Legambiente Veneto Orientale fra Elisa Cozzarini e Carlo Rubini rispettivamente autori dei libri "Gli Intrecci del Fiume" e "Microcosmi e Paesaggi", pubblicati entrambi dalla casa editrice Ediciclo. Gli autori hanno offerto numerosi spunti di riflessione che hanno ampliato il concetto di paesaggio, distinguendolo da termini spesso usati come sinonimi, quali ambiente o territorio.
“Il paesaggio non è solo ciò che vediamo, ma è ciò che viviamo e percepiamo”, ha spiegato Rubini. “Non è uno sfondo neutro, ma un mosaico di elementi naturali e culturali che si trasformano nel tempo, plasmato dal nostro sguardo e dalle nostre esperienze”.
Rubini ha ricordato un episodio della sua infanzia, legato al suo passaggio in treno sul Ponte di Casarsa, che da bambino lo aveva sempre lasciato perplesso. “Guardavo giù dal ponte e vedevo solo distese di ghiaia”, ha raccontato. “Ho chiesto a mio padre, cos’era e lui mi ha detto ‘il Tagliamento’”. Solo più tardi Carlo avrebbe scoperto che sotto quei sassi scorreva una corrente invisibile, nascosta agli occhi, un corso d’acqua sotterraneo sempre più impoverito perché gran parte dell’acqua veniva prelevata per usi agricoli.
Cozzarini ha invece sottolineato come i fiumi e le acque siano al centro delle sue narrazioni, simboli di connessione tra passato e presente. “Il suono dell’acqua che scorreva nella roggia vicino a casa era una costante rassicurante, un ‘rumore bianco ’ che accompagnava le mie giornate e che ho imparato a riconoscere come parte integrante del mio paesaggio familiare”.
Uno dei temi centrali emersi durante la discussione è stato il ruolo della percezione nella definizione del paesaggio. Rubini ha messo in evidenza come il nostro sguardo possa essere ingannevole e parziale. In questo senso, i paesaggi naturali rischiano di diventare immagini di consumo, semplificate e svuotate del loro vero significato. “Ciò che diventa fenomeno di massa tende a perdere la sua autenticità”, ha osservato Rubini, evidenziando come la retorica turistica e commerciale spesso banalizzi l’identità dei luoghi.
La discussione ha poi toccato il delicato rapporto tra paesaggio e biodiversità. I due autori hanno sottolineato come la trasformazione del territorio, dovuta all’espansione urbana e al turismo di massa, metta a rischio gli equilibri ecologici e culturali anche nel Nord Est italiano.
Gli autori hanno fatto capire che la biodiversità è parte integrante del paesaggio, e che quando si modifica il territorio senza rispetto per l’ambiente, non si altera solo l’ecosistema, ma si cancella anche una parte della memoria collettiva legata a quel luogo.
Un esempio concreto di questa fragilità è rappresentato dai corsi d'acqua, spesso vittime di interventi invasivi che ne compromettono la funzione ecologica. Tuttavia, proprio i fiumi, se gestiti con attenzione, possono diventare veri e propri corridoi ecologici che favoriscono la conservazione delle specie e la rigenerazione del paesaggio.
L’incontro si è concluso con un invito a riscoprire la dimensione narrativa del paesaggio. Attraverso le storie, le testimonianze e la memoria collettiva, si può costruire una consapevolezza più profonda del valore ambientale e sociale dei territori. Il dialogo ha lasciato ai partecipanti uno spunto prezioso: prendersi cura del paesaggio significa non solo proteggere l’ambiente e la sua biodiversità, ma anche preservare le storie, le identità e i legami che danno vita ai nostri territori.